lunedì 16 maggio 2016

Conclusione

Dopo aver analizzato queste cinque importanti tematiche de 'Il Nome della Rosa', vorrei esprimere, in generale, il mio parere riguardo questo libro. Sinceramente, ho trovato le prime cento pagine relativamente "pesanti", poichè la storia non mi entusiasmava e le descrizioni erano infarcite di moltissimi dettagli, i quali rendevano il racconto meno scorrevole. In seguito ad un'adeguato approfondimento, ho scoperto che l'intenzione dell'autore era proprio quella di scoraggiare il lettore a proseguire con il racconto. Successivamente, entrando nel vivo della vicenda, sono riuscita a cogliere la bravura di Eco e la bellezza della storia, la quale mi ha appassionata, essendo io amante dei libri gialli con una trama intricata.
In aggiunta, consiglierei ai più appassionati del periodo storico del Medioevo la lettura de 'I dodici abati di Challant' di Laura Mancinelli, nel quale sono presenti tre racconti, due dei quali sono ambientati in in contesto religioso proprio come il best-seller di Umberto Eco.
Per curiosità, il film tratto da 'Il Nome della Rosa' sarebbe dovuto essere registrato in parte all'interno della Sacra di San Michele in Piemonte, poichè l'autore dichiarò di essersi parzialmente ispirato all'architettura di quella struttura per descrivere il complesso dell'abbazia nel suo libro. Ciononostante, esso fu filmato altrove.
''I miei legami con la Sacra risalgono molto indietro nel tempo ... L'ultima volta l'avevo visitata col regista del Nome della Rosa che inizialmente pensava di girare là le scene principali. Poi l'idea è stata abbandonata perchè ho imparato che per un produttore cinematografico è meno dispendioso ricostruire un monastero vicino a una grande città che spostare l'intera troupe per mesi sulle montagne" confessò Umberto Eco, in una lettera che scrisse nel 1995 all'allora Rettore dell'abbazia.

Il ruolo decisivo della biblioteca e del libro


''Questa biblioteca è nata forse per salvare i libri che contiene, ma ora vive per seppellirli''.
La biblioteca dell'abbazia è il luogo più significativo della narrazione. Nel Finis Africae, ovvero una stanza nascosta di questa struttura a labirinto, sono custoditi i testi proibiti, i quali potrebbero turbare la mentalità dei fedeli. Tra questi libri segreti, il più importante ed indicativo nella storia scritta da Umberto Eco è la Poietica di Aristotele. L'accesso in questo ambiente è proibito al pubblico e solo pochi eletti possono entrarci. Questa selezione simboleggia un sapere chiuso, nascosto e quindi la biblioteca di Babele potrebbe essere metafora della complessità della vita.
Senza la possibilità di conoscere le informazioni contenute nei vari testi, gran parte dei cittadini dell'epoca non era a conoscenza di moltissime importanti nozioni. Per questo motivo, il comportamento e le credenze della popolazione erano veicolate dagli esponenti politici da una parte e, dall'altra, da quelli ecclesiastici. Inoltre, non conoscendo il contenuto di codeste opere, le persone potevano dubitare della propria fede solo con domande caratteristiche della specie umana. Questi quesiti innati negli uomini, per esempio i dubbi sul senso della vita oppure sull'aldilà, senza riscontri concreti (come il contenuto di un libro) che diano un senso alle proprie perplessità, sarebbero insignificanti e verrebbero dimenticati nel tempo. Contestualizzando questo ragionamento ne 'Il Nome della Rosa', Jorge da Burgos ed altri radicali condannavano la lettura dei libri che si trovavano nel Finis Africe, poichè non tutti i cattolici sarebbero stati in grado di negare la validità del contenuto. Il libro è, perciò, anche uno strumento di potere, poichè ha la potenzialità di influenzare il pensiero delle persone. ''La biblioteca è nata secondo un disegno che è  rimasto oscuro a tutti nei secoli e che nessuno dei monaci è chiamato a conoscere [...]  perché non tutte le verità sono per tutte le orecchie, non tutte le menzogne possono essere riconosciute come tali da un animo pio''.

domenica 15 maggio 2016

Il tema dell'Apocalisse nell'epoca medievale contestualizzata ne 'Il Nome della Rosa'


 L'Apocalisse, intesa come fine del mondo, è un elemento caratterizzante della mentalità medievale. La società dell'epoca era convinta che essa fosse imminente e questo pensiero accrebbe anche le entrate della Chiesa attraverso una fiorente vendita di indulgenze, poichè le persone temevano il Giudizio universale. ''Mi ero convinto che la serie dei delitti seguisse il ritmo delle sette trombe dell'Apocalisse. La grandine per Adelmo, ed era un suicidio. Il sangue per Venanzio, ed era stata un'idea bizzarra di Berengario; l'acqua per Berengario stesso, ed era stato un fatto casuale; la terza parte del cielo per Severino, e Malachia aveva colpito con la sfera armillare. Infine gli scopioni per Malachia'' affermava Guglielmo, poichè le morti che si erano susseguite nell'abbazia avevano avuto delle dinamiche inusuali. L'iniziale evento che porta ai religiosi del convento a sospettare di questi sistematici e particolari decessi è costituito dalla profezia del monaco Alinardo da Grottaferrata, il quale sostiene che questi omicidi siano solo il principio dell'imminente arrivo dell'Anticristo. In realtà, però, la successione delle morti, per quanto ritenute ambigue, sono causali e non hanno  alcun tipo di collegamento con l'Apocalisse. La situazione esterna dal monastero poteva, però, sempre essere applicata all'interno di esso, poichè all'esterno il Papa influenzava i credenti medievali e, nel frattempo, all'interno dell'abbazia i più sapienti suggestionavano i monaci più creduloni. Per queste ragioni, all'interno del contesto storico e di quello narrativo si assiste ad una strumentalizzazione di un evento di importante rilevanza come la fine del mondo.

La contrapposta visione del riso

'' Il riso è la debolezza, la corruzione, linsipidità della nostra carne '' afferma Jorge da Burgos, il più vecchio tra i monaci, il quale ha un'accezione negativa dell'ilarità. Egli è disposto a tutto pur di celare il contenuto dell'ultima copia esistente della Poietica di Aristotele, nella quale il filosofo trattava positivamente la commedia. Egli riprende il concetto ''stultus in risu exaltat vocem suam'', premettendo che ''il decimo grado dell'umiltà è per quello in cui i monaci non sono sempre pronti a ridere''. Jorge, sostenendo che il riso sia uno strumento per lo stolto di innalzare la propria voce, sottolinea questo suo radicale pensiero contro l'ilarità, condannandola ad un mezzo utilizzato dagli stupidi. Con il fine di evitare definitamente la lettura di questo libro, egli avvelena le pagine dell'unico manoscritto rimasto inerente l'apprezzamento del riso da parte del maestro di Platone. In questo modo, chiunque cerchi di sfogliarle, morirà.
Essendo un fervido cristiano legato indissolubilmente al contenuto della Bibbia, egli sostiene che ''nulla delle sue parabole muove al riso'', riferendosi a Dio. Jorge non contempla che gli uomini possano ridere di tutto, quindi anche di Dio, poiché con il riso il timore  tende a scomparire e la paura è ciò che porta gli uomini a credere. Questa sua concezione si contrappone a quella di Guglielmo, il quale sostiene che il riso caratterizzi gli esseri umani, essendo un istinto primordiale che li contraddistingue sin dalla nascita. ''Il riso è proprio dell' uomo, è segno della sua razionalità''.

La ricerca della verità da parte di Guglielmo da Baskerville in opposizione a quella dell'Inquisizione

La ricerca della verità è l'elemento di fondo della narrazione. A causa delle numerose morti che avvengono presso l'abbazia, Guglielmo da Baskerville, il quale era precedentemente inquisitore, tenta di risolvere il mistero di tutti questi omicidi, cercando indizi e facendo attenzione ai minimi particolari. Egli non si soffermava ad una superficiale analisi del contesto, ma lo scavava fino a trovare la vera risoluzione dell'enigma. La gran parte dei restanti religiosi, come per esempio Jorge da Burgos, sono conservatori e ritengono che la verità sia limitata a ciò che affermano le Sacre Scritture. Nel caso in cui si rendano conto che non sia così, tentano di celare qualsiasi cosa oltrepassi i dogmi della fede. Guglielmo stravolge il pensiero dell'Inquisizione e, per questa ragione, è mal visto da Bernando Gui, suo precendente collega. Secondo le procedure del tribunale eccelsiastico bastava riuscire a far confessare a chiunque esso sia di aver commesso i peccati, indipendentemente dalla sua reale colpevolezza. Ciò pone il lettore di fronte a due diverse concenzioni di verità, le quali sono tra loro contrastanti e sono opposte anche dal punto di vista della giustizia morale.

La concezione della donna tentatrice ne 'Il Nome della Rosa' e nell'epoca medievale

Adso da Melk, novizio benedettino co-protagonista di questo libro, viene sedotto da una ragazza di origine contadina, la quale si concede al religioso.Questo rapporto carnale turba molto Adso, il quale si domanda se la scelta che ha intapreso sia quella giusta.''Della Donna dice l'Ecclesiaste che la sua conversazione è come fuoco ardente, e i Proverbi dicono che essa s'impadronisce dell'anima preziosa dell'uomo e i più forti sono stati rovinati da essa. E dice ancora l'Ecclesiaste: scoprii che più amara della morte è la donna'' risponde Guglielmo, quando il suo allievo gli confessa il suo peccato. Ciò nonostante, egli condanna la sua azione, ma non la tentazione che lo condusse a giacere con quella contadina. 
Secondo la mentalità medievale, la donna è tentatrice che, con le sue funi da seduttrice, provoca lo smarrimento spirituale negli uomini. In questo contesto storico, la figura femminile era spesso ricondotta alla strega, ed un esempio di questo giudizio è la condanna che riceve la ragazza di cui si innamorò Adso, la quale fu destinata al rogo a causa dei suoi ipotetici poteri magici. In contrapposizione a questa considerazione della donna nell'età di mezzo, il protagonista sostiene che Dio non '' abbia voluto introdurre nella creazione un essere così immondo senza dotarlo di qualche virtù'', ovvero non è possibile dare un'accezione così negativa ad un'opera del Signore.

Introduzione


Salve a tutti, il mio nome è Diletta. Ho aperto questo blog con il fine di analizzare elementi chiave del best-seller 'Il Nome della Rosa' scritto da Umberto Eco. Nell'opera, la quale è ambientata in epoca medievale, la trattazione delle carateristiche tipiche di quel periodo è particolare, poichè vengono approfondite parallelamente due realtà separate, ovvero la mentalità degli ecclesiastici tipici medievali e la concezione della realtà di Guglielmo da Baskerville, frate francescano protagonista del libro. Il primo punto cardine sul quale desidererei soffermarmi riguarda la visione della donna nel Medioevo, ma in particolare nell'abbazia nella quale la storia è ambientata. Successivamente analizzerò la tematica della ricerca della verità, del riso, dell'Apocalisse e la questione della biblioteca. La scelta di questi elementi e non di altri è stata dettata dall'importanza che, secondo il mio parere, hanno nella narrazione e dal grande impatto che hanno avuto su di me durante la lettura.