Il tema dell'Apocalisse nell'epoca medievale contestualizzata ne 'Il Nome della Rosa'
L'Apocalisse,
intesa come fine del mondo, è un elemento caratterizzante della mentalità
medievale. La società dell'epoca era convinta che essa fosse imminente e questo
pensiero accrebbe anche le entrate della Chiesa attraverso una fiorente vendita
di indulgenze, poichè le persone temevano il Giudizio universale. ''Mi
ero convinto che la serie dei delitti seguisse il ritmo delle sette trombe dell'Apocalisse.
La grandine per Adelmo, ed era un suicidio. Il sangue per Venanzio, ed era
stata un'idea bizzarra di Berengario; l'acqua per Berengario stesso, ed era
stato un fatto casuale; la terza parte del cielo per Severino, e Malachia aveva
colpito con la sfera armillare. Infine gli scopioni per Malachia''
affermava Guglielmo, poichè le morti che si erano susseguite nell'abbazia
avevano avuto delle dinamiche inusuali. L'iniziale evento che porta
ai religiosi del convento a sospettare di questi sistematici e
particolari decessi è costituito dalla profezia del monaco Alinardo
da Grottaferrata, il quale sostiene che questi omicidi siano solo il
principio dell'imminente arrivo dell'Anticristo. In realtà, però, la
successione delle morti, per quanto ritenute ambigue, sono causali e non
hanno alcun tipo di collegamento con l'Apocalisse.
La situazione esterna dal monastero poteva, però, sempre essere applicata
all'interno di esso, poichè all'esterno il Papa influenzava i credenti
medievali e, nel frattempo, all'interno dell'abbazia i più sapienti
suggestionavano i monaci più creduloni. Per queste ragioni, all'interno del
contesto storico e di quello narrativo si assiste ad una strumentalizzazione di
un evento di importante rilevanza come la fine del mondo.
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